Metodi di tracciabilità del Campylobacter da diverse fonti: animali, alimenti, ambiente e uomo

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Categoria: 44esimo CN2006

Alessandra De Cesare
Dipartimento di Scienze degli Alimenti
Alma Mater Studiorum-Università degli Studi di Bologna

La maggior parte dei casi sporadici di campilobacteriosi umana sono comunemente associati al consumo di carne avicola perché Campylobacter jejuni e Campylobacter coli si isolano frequentemente dal tratto gastrointestinale dei polli (Evans e Sayers, 2000) e dai prodotti derivati (Rosenquist et al., 2003). Tali isolati sono caratterizzati da differenze genetiche e fisiologiche (capacità di resistere agli stress, adesività, invasività, ecc.) che ne determinano una diversa distribuzione negli ecosistemi ed un diverso grado di virulenza (Gilbert e Slavik, 2004). La ricerca scientifica sta puntando ad identificare (1) quali siano le metodiche che possano associare agli isolati di Campylobacter dei profili che abbiano un reale significato epidemiologico e che, quindi, consentano di tracciarne le fonti e le vie di trasmissione; (2) quanti ceppi è necessario analizzare in ogni campione per avere una elevata probabilità di riuscire a testare tutte le tipologie di isolati presenti; (3) quali siano le procedure corrette per isolate i ceppi in piastra senza effettuare una loro selezione già al momento dell’isolamento.

Le tecniche di caratterizzazione più utilizzate per Campylobacter sono state riassunte da Wassenaar e Newell (2000) (Tabella 1).
Tabella 1 – Vantaggi e svantaggi delle metodiche impiegate per caratterizzare Campylobacter

La validità di tali metodiche viene valutata in funzione della loro capacità di differenziare due ceppi realmente diversi, della tipizzabilità, che è la capacità di produrre un risultato per ogni ceppo analizzato, della riproducibilità del dato, della sensibilità della metodica alla instabilità genetica che caratterizza il genoma di Campylobacter, del tempo richiesto per l’analisi, del costo dell’analisi e della possibilità di effettuarla facilmente.
Tra le metodiche di caratterizzazione impiegate per Campylobacter ci sono la ribotipizzazione automatica, l’MLST ed il microarray.
La ribotipizzazione automatica è una metodica basata sull’analisi dei polimorfismi presenti nei geni che codificano per gli rRNA, deputati alla sintesi delle proteine. Il risultato che si ottiene mediante questa metodica è un profilo simile ad un codice a barre, al quale viene assegnato una sigla alfanumerica, definita ribogruppo o ribotipo. Manfreda ed altri (2003) hanno impiegato la ribotipizzazione automatica, con l’enzima di restrizione PstI, per caratterizzare 50 ceppi di Campylobacter isolati da animali, 37 da carne avicola, 19 da diversi siti di un macello avicolo ed, infine, 52 isolati dall’uomo. Complessivamente il 28 ed il 27% degli isolati da polli e tacchini hanno mostrato elevata similarità genetica con ceppi umani, mentre nessun isolato da suino ha mostrato tale caratteristica, indicando che questo animale potrebbe essere vettore di ceppi di Campyloacter non patogeni per l’uomo (Tabella 2). I dati ottenuti su animali sono stati confermati da quelli ottenuti sulla carne. Infatti, il 9 e 25% degli isolati da carne di pollo e tacchino, come pure il 16% degli isolati dal macello avicolo, hanno mostrato similarità genetica con gli isolati umani (Tabella 2).

Tabella 2 – Distribuzione dei ribogruppi tra gli isolati ribotipizzati nella ricerca di Manfreda ed altri (2003)

Un’altra metodica impiegata negli ultimi anni per la caratterizzazione di Campylobacter è la multilocus sequence typing (MLST), descritta per la prima volta da Dingle ed altri nel 2001. Nella MLST si esegue l’analisi dei polimorfismi presenti in 7 geni codificanti enzimi con importanti funzioni metaboliche, selezionati in funzione della loro posizione nel genoma, della possibilità di disegnare primers adatti per la loro amplificazione e per la diversità tra le loro sequenze. Nella MLST, ad ogni locus di ognuno di questi 7 geni si assegna un numero in funzione del tipo di sequenza presente e la sequenza dei 7 numeri rappresenta la formula allelica o profilo allelico del ceppo (ST).
Manning e collaboratori (2003) hanno impiegato la MLST per verificare il grado di similarità genetica tra 284 ceppi di C. jejuni isolati dall’uomo e da altre fonti, soprattutto animali ma anche ambientali. In accordo con quanto osservato da Manfreda ed altri, tra gli ST identificati, l’ST tipo 21 caratterizzava molti degli isolati dalle diverse fonti ma non isolati da suini. Al contrario, quasi tutti i ceppi con profilo ST 403 erano stati isolati da suini, ad eccezione di qualche isolato da bovino. Il gruppo ST 42 comprendeva ceppi isolati da bovini e ovini con caratteristiche genetiche identiche ad isolati umani, confermando che i polli non sono gli unici, o i principali, veicoli di ceppi patogeni per l’uomo. Infine, il complesso ST 283 comprendeva isolati da polli, ma anche isolati ambientali, con caratteristiche genetiche in comune con isolati umani. Questi risultati evidenziano che mediante MLST è possibile dare un codice agli isolati di Campylobacter e questo codice può essere associato a vettori animali specifici. I risultati ottenuti confermano le indicazione di altri autori riguardanti il fatto che alcuni isolati che infettano l’uomo non colonizzano i polli ed alcuni isolati infettanti i polli non colonizzano l’uomo (Clow et al., 1998, Koenraad et al., 1995; Korolik et al 1995).
Bull ed altri (2006) hanno impiegato la MLST, insieme ad altre metodiche di caratterizzazione, per  determinare la fonti dei Campylobacter colonizzanti 10 gruppi di polli da carne provenienti da tre aziende diverse. I campioni testati erano rappresentati da feci di riproduttori e broiler, oltre che da tamponi ambientali raccolti dentro e fuori l’allevamento di broiler durante il ciclo produttivo. In Tabella 3 sono riassunti i risultati della ricerca. I siti ambientali, ed in particolare le pozzanghere d’acqua all’esterno degli allevamenti, sono risultati contaminati già dal giorno dell’accasamento, mentre i primi animali positivi per Campylobacter sono stati identificati al diciottesimo giorno. Successivamente, 4 gruppi sono risultati positivi dal venticinquesimo al trentatreesimo giorno e due gruppi al macello. E’ noto che Campylobacter si isola raramente prima della terza settimana di età degli animali e le ragione per le quali questo accade non sono state ancora del tutto chiarite. Verosimilmente, non si ha contaminazione dell’animale perché quest’ultimo non sia esposto a Campylobacter, ma perché, probabilmente, gli anticorpi materni gli forniscono protezione. Per evitare che l’animale venga colonizzato dopo la terza settimana di vita si possono impiegare misure di biosicurezza e l’esclusione competitiva.
In relazione al contributo della trasmissione verticale, anche se si sono trovati alcuni animali positivi nei gruppi dei riproduttori, 3 dei 10 gruppi di broiler testati non sono mai stati colonizzati da Campilobacter. Inoltre, differenti tipologie di ceppi sono state isolate in riproduttori e progenie di 4 dei 6 gruppi positivi per i quali si sono tipizzati i ceppi. Inoltre, visto che gli allevamenti di riproduttori e broiler erano a mezzo miglio di distanza tra di loro, non si può escludere che si sia trattato più di contaminazione crociata che di trasmissione verticale.
Lo scarso ruolo della trasmissione verticale nella diffusione di Campylobacter è stato dimostrato anche in una recente ricerca svolta dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Bologna in collaborazione con altre Università e l’Istituto Zoopofilattico Sperimentale delle Venezie. In tale studio sono stati ribotipizzati con l’enzima di restrizione HaeIII 26 isolati da riproduttori e 26 isolati dai rispettivi broiler, ma non sono stati osservati profili comuni ad isolati nei due sistemi, anche se la capacità discriminante della metodica utilizzata è risultata pari al 96%.
Nella ricerca di Bull ed altri, l’analisi MLST di alcuni gruppi positivi prima del diradamento ha dimostrato che dal 40 al 77% dei gruppi erano colonizzati da più di un ST tipo e che gli ST tipi cambiano durante la vita dell’animale perché probabilmente prendono il sopravvento quelli con un potenziale di colonizzazione maggiore. Campylobacter è stato isolato nel 7% dei campioni prelevati nell’ambiente circostante l’allevamento di 9 dei 10 gruppi testati. I siti all’esterno degli allevamenti sono risultati spesso positivi già il giorno dell’accasamento degli animali. I siti più contaminati sono risultate le pozzanghere d’acqua, dove le cellule di Campylobacter vengono protette dall’essicazione. I subtipi isolati nelle pozzanghere erano gli stessi isolati poi negli animali in due gruppi di broiler e questi ceppi sono rimasti negli animali fino alla fine della loro vita. In accordo con altri autori (Newell, 2001;  Hiett ed altri, 2002) si può ipotizzare che pochi ceppi passino dall’ambiente agli animali e visto che questi ceppi sono probabilmente sottoposti agli stress ambientali la loro capacità colonizzante è ridotta. Questo spiegherebbe perché passa un po’ di tempo tra l’identificazione di un ceppo nell’ambiente ed il suo isolamento nell’animale. Tuttavia, dopo il passaggio nell’ospite, il ceppo si rivitalizza e diffonde velocemente.

Tabella 3 – Risultati dello studio di Bull ed altri (2006)

I tre gruppi negativi al macello provenivano dallo stesso allevamento, nel quale venivano praticate delle buone misure di biosicurezza. Infatti, è stato dimostrato che quando si usano calzari puliti o disinfettati in maniera idonea è possibile prevenire, o eliminare, l’infezione degli animali. Tale allevamento era anche circondato da un’area in cemento e misure di protezione come questa sono state raccomandate dall’ACMSF (Advisory Committee on the Microbiological Safety of Food).

I gruppi F e I, negativi in allevamento, sono risultati positivi al macello e probabilmente sono stati colonizzati da ceppi presenti nelle gabbie di trasporto dove gli animali sono rimasti per sei ore. Infatti, Campylobacter è stato isolato nel 58% delle gabbie impiegate per il trasporto del gruppo F e gli isolati dagli animali del gruppo F sono risultati caratterizzati dagli stessi ST identificati tra gli isolati da gabbie.
Il ruolo dell’acqua come fonte di Campylobacter è stato sottolineato anche in un lavoro pubblicato da Champion ed altri (2005). In questo lavoro si utilizza un’altra metodica di caratterizzazione chiamata microarry. Nel caso del microarray non si analizzano i polimorfismi presenti in alcuni geni ma si testa la presenza o l’attività, cioè l’espressione, della maggior parte dei geni presenti nel DNA. Champion e collaboratori hanno analizzato l’espressione di 1654 geni di un Campylobacter di riferimento, che è stato interamente sequenziato, in 111 ceppi di C. jejuni isolati da uomo (N=70), polli (17 ceppi), bovini (13 ceppi) ovini (5 ceppi) ed ambiente (6 ceppi). In funzione della similarità tra i geni presenti nei diversi isolati, i 111 ceppi sono stati suddivisi in due cluster, uno contenete il 55.9% degli isolati e l’altro contenente il 44.1% degli isolati. Dalla analisi delle tipologie di ceppi contenuti nei due clusters si può osservare che la maggior parte degli isolati umani non clasterizza con isolati animali ma con ceppi ambientali, ottenuti prevalentemente da acqua di balneazione. Per ridurre l’incidenza di C. jejuni nell’uomo sarebbe quindi utile indagare la sua presenza nell’ambiente ed in particolare nell’acqua.

In conclusione, per identificare le fonti di Campylobacter e tracciare le sue vie di trasmissione dagli animali, dagli alimenti e dall’ambiente fino all’uomo, sarebbe necessario caratterizzare un numero rappresentativo di ceppi isolati da ciascuna di queste fonti. Le metodiche per la caratterizzazione degli isolati di Campylobacter sono molte e cambiano velocemente. Infatti, nè l’MLST né il microarray erano citate nella review sulle metodiche per tipizzare Campylobacter pubblicata nel 2000. Le tecniche migliori sono quelle, come la ribotipizzazione automatica e la MLST, che producono risultati ripetibili e gestibile attraverso banche dati on line che consentono di mappare sia in termini spaziali, che temporali, i tipi genetici di Campylobacter isolabili nelle diverse matrici. Gli esempi descritti dimostrano che i polli e la carne avicola non sono gli unici vettori di Campylobacter potenzialmente patogeni per l’uomo e che l’ambiente, in particolare l’acqua, rappresenta una fonte di isolati geneticamente simili all’uomo. L’applicazione di metodiche di caratterizzazione genotipica, come la ribotipizzazione automatica, la MLST ed il microarray, consentirà di identificare i ceppi realmente pericolosi per l’uomo che verranno studiati per comprendere i meccanismi alla base della loro patogenicità.

Bibliografia

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